A cura di Maria Palladino
Se questa è una scuola
Dal 14 di settembre, con la riapertura delle scuole, gli studenti sono stati accolti, oltre che da insegnanti “mascherati” (e in alcuni casi, festanti) anche da una serie di misure “atte a contenere il contagio da coronavirus”. Primi in lista, banchi monoposto. I ragazzi più fortunati li avranno ancora con le 4 “gambe” ben piantate a terra, altri invece costretti ad incastrarsi tra improbabili banchi a rotelle.

Quindi nulla è come prima. E non solo per l’obbligo di indossare la mascherina in classe, o per quello di mantenere sempre la distanza di un metro dai propri compagni. C’è da misurare la temperatura ogni mattina, prima di uscire di casa. I docenti devono correggere i compiti senza avvicinarsi troppo ai propri alunni (un binocolo potrebbe esser di aiuto?).
E guai a dimenticare a casa una penna o un quaderno, o peggio, a far cadere la suddetta (unica) penna a terra. Si resta in classe, senza far nulla, per ore.
E se per un prurito al naso, scappa uno starnuto, non ci son santi; si va a casa e scatta la procedura anticovid.
Insomma, la giornata scolastica dei nostri ragazzi sarà scandita da:
- Misurazione della temperatura
- Distanziamento
- Gel disinfettante
- Schedatura per andare in bagno (con ora di uscita e di ingresso in aula)
- Seduto al banco e non muoversi
- In piedi: metti mascherina (sempre)
- Seduto: togli mascherina (non sempre)
Un incubo! Allora cosa si fa? Si comincia a guardarsi attorno, a valutare altre possibilità, a cercare una via d’uscita. Ma ci sono altre vie? Si può fare? Si può! E’ scritto anche nella Costituzione italiana, all’art. 30.
“E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.”
Più chiaro di così. La legge ci dice una cosa molto importante: siamo noi genitori ad avere la responsabilità dell’istruzione dei nostri figli. Possiamo adempiere ai nostri doveri attraverso la scuola pubblica, oppure attraverso la scuola privata, oppure tramite l’istruzione famigliare.
Quindi ci si può orientare verso l’istruzione famigliare.
Ma a chi rivolgersi? Come orizzontarsi? In questo la Rete (in alcuni casi, matrigna) ci può essere di aiuto. “Navigando” si apre un “nuovo mondo”. Inaspettato, quasi. Subito ci si imbatte nell’associazione Laif, formata da famiglie pioniere dell’istruzione familiare, che accompagnano altri genitori che chiedono spiegazioni delle modalità, i percorsi da intraprendere, i metodi da seguire.
Descolarizzazione, sembra essere la parola d’ordine dell’associazione. Scrollarsi di dosso, genitori e figli, un retaggio di rigide regole, orari standard, programmi univoci, appare fondamentale, prima di “uscire dall’aula” e sperimentare forme di apprendimento non standardizzate.
Facile con i più piccoli, forse un po’ meno con gli adolescenti, ma comunque una sfida alla quale non si resiste, e consapevoli che, prima di tutto, per noi genitori è un’assunzione di responsabilità, che ci impone una riconsiderazione del tipo di rapporto che vogliamo avere con loro, e tra di noi.
Questo significa adottare una pratica educativa, di istruzione e di apprendimento che si sviluppa e si attua principalmente al di fuori del sistema scolastico, con approcci diversi. Come ad esempio, mediante la cosiddetta “scuola a casa”, oppure attraverso “l’apprendimento autoguidato/autodiretto, o “informale”, o “non strutturato”, o “naturale”, o tramite un’integrazione di diversi approcci.
Chi sceglie di educare a casa è sottoposto solo alla Legislazione Statale, non è quindi soggetto a norme regionali né provinciali (fatta eccezione delle regioni a statuto speciale), ed uno studente può coprire tutto il proprio percorso di studi (fino all’università) senza mai mettere piede in aula.
L’homeshcooling (termine inglese usato per definire questa realtà) non è una cosa sola, si avvale di modalità e contributi diversi, di metodi pedagogici di varia origine e ispirazione: da Illic a Montessori, da Holt a Piaget, da Rousseau a Steiner.
In generale, più che di suddividere, etichettare e contrapporre, si tratta di trovare momenti di sinergia, integrazione e collaborazione.
Solo così il mondo dell’educazione potrà trovare nuova linfa, arricchirsi di contributi e soluzioni sempre più innovativi per contribuire a far crescere comunità aperte e consapevoli. Pensando a questo mi viene da usare il titolo di un libro di Thomas Hardy: “Via dalla pazza folla”.
Ora si va alla ricerca di un luogo dove l’essere umano, in questo caso i nostri figli, possano mettere a nudo la loro vera anima, le loro inclinazioni, i loro veri interessi.
Bentornata tra noi Maria, sentivamo la tua mancanza!
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