A cura di Andrea Pilati
Restare in ascolto delle voci percepite con altri sensi e averne capacità di traduzione è il passo conseguente che ogni individuo, sulla strada della propria evoluzione, dovrebbe compiere, con il fine di affinare le proprie percezioni sensoriali oltre i cinque sensi fisici, e condurre se stesso verso la meta, prescelta prima di incarnarsi nel corpo di questo tempo. Lo chiamiamo “destino” da “destinazione”.
Ogni scelta fatta, per essere produttiva (dove per “produttiva” non intendo nel senso monetario ma rivolta all’accrescimento delle proprie virtù), deve essere supportata da altre attitudini dello spirito quali il coraggio, la volontà, l’onestà, il rispetto, utilizzate per ottenere il conseguimento dell’obbiettivo da raggiungere. Il gioco consiste nel non farsi accalappiare dal proprio ego, dai personalismi. In queste situazioni di energie sottili il pesante ego non può comprendere e può solo fare da ostacolo, per chi lo ospita e per gli altri, al conseguimento della meta prevista. D’altronde è proprio questa la sua natura; rendersi manifesto per mettere alla prova la forza di spirito dell’individuo, in cammino per costruire la propria anima, quel contenitore di energie chiamate “virtù” e che lo rendono degno di passare alla storia come anima grande, Mahatma in sanscrito, e individuo brillante, magnetico.
Questa è la essenziale premessa per tradurre in linguaggio comprensibile ciò che accade ogni volta che abbiamo un progetto da sviluppare e, più è grande, più grandi saranno gli ostacoli energetici da superare. Ostacoli che possono essere materiali, emozionali o entrambi.
Ciò che è accaduto al FreeFest è proprio questo; è iniziato bene, molto bene, con la giusta coesione tra gli elementi umani, con le migliori attitudini positive e propositive. Organico ridotto quest’anno ma tanta voglia di arrivare al risultato. Solo che noi umani abbiamo sempre la tendenza a credere che il risultato sia solo quello che vogliamo ottenere, in questo caso la manifestazione dell’evento “The Freedom Festival”, il festival del Nuovo Mondo, senza considerare che l’Universo vede oltre e il premio che dà a coloro che si mettono in gioco e attivano tante energie è ben altro.
Non potevamo pensare che questo evento non era per il pubblico (non solo, ovviamente) ma per noi, per testare il nostro grado di coesione, di coraggio (altri lo hanno chiamato follia), di determinazione, di capacità di risoluzione delle situazioni avverse, di controllo emotivo, di mantenimento della calma, di rimescolamento delle carte e della capacità di dare il massimo dando il meglio.
Data ultima di non ritorno, la dead line, il 22 agosto, concordata insieme nel gruppo del comitato organizzativo. Bisogna però considerare che mettere una data che funge da interruttore on/off senza considerare le variabili in corso d’opera, porta con sè il rischio di vedere sfumata una occasione nel momento in cui si notano positive reazioni non previste.
Ricordate il FireFest dell’anno scorso? Bene, a una settimana dall’evento non avevamo sufficienti iscritti per fare fronte alle spese ma siamo andati avanti, nonostante tutto. E tutto è arrivato, al momento giusto (non quello che pensavamo noi); iscritti e soldi. È bastato crederci, tutto qui… L’anno scorso, avessimo dato retta alla dead line che ci eravamo posti, l’evento non avrebbe avuto luogo.
Oggi, con il senno di poi, avrebbe dovuto accadere lo stesso ma non è andata così…

Quando a maggio è uscita la proposta di organizzare il FreeFest ho avuto un presentimento, ora lo posso dire: qualcosa, una vocina, una sensazione, mi diceva che non sarebbe andato tutto liscio come l’anno precedente e che non sarebbe stato possibile realizzarlo in forma tradizionale (Antonio Bilo Canella ce lo dirà poi durante la telefonata nella quale lo avvisavamo dell’annullamento dell’evento; qualcosa nell’aria c’era e andava solo ascoltato). Nonostante tutto amo mettermi in gioco e giocare fino in fondo, sforzandomi di dare il meglio di me, ogni risorsa, fisica, emozionale ed economica; e per l’organizzazione così ho fatto, non ho rimorsi di coscienza né rimproveri tipo “avrei potuto almeno provarci…“.

Dov’eravamo rimasti…? Ah, già, la dead line… che brutta parola.
Arrivati al 22 di agosto si doveva decidere se proseguire o procedere con l’annullamento del Festival. Il numero di iscritti non era sufficiente a coprire le spese iniziali ma il battage pubblicitario che facemmo iniziò a dare i suoi frutti e le iscrizioni iniziarono a farsi più fitte. La tendenza ci faceva ben sperare e il rischio di mandare a monte tutto quell’impegno per mettere insieme un programma di così alto livello era, per alcuni come il sottoscritto, ancora da ridiscutere. Ma il male dentro il mondo che ognuno porta dentro, l’egoismo, è divenuto ultimamente più evidente e, per i meno preparati, difficilmente gestibile, tanto da prendere il sopravvento e innescare il circuito della paura, che tutto frena e demolisce, fino a perdere di vista l’obiettivo e metterla sul personale; così su nove elementi del direttivo quattro abbandonarono! A poco più di quindici giorni dall’evento quelli rimasti dovettero sobbarcarsi anche le responsabilità di chi aveva lasciato, dimostrando così, questi ultimi, di non essere poi così “di famiglia” come si credeva. Tutto viene a galla rapidamente in questi tempi di Apocalisse.
Tempi strettissimi, sempre di più, notti in bianco, rimescolamento dell’intera organizzazione senza per giunta cambiare il programma, alloggi da cancellare e altri da prenotare, service audio, video, luci nuovamente da ricercare (impresa titanica, questa, visto la presenza di innumerevoli eventi in concomitanza), punto ristoro da rimodulare, aziende per affitto gazebo e bagni chimici da ricontattare per avere conferma dei loro servizi e poi ENEL, quella che dal 16 di agosto, in tempi non sospetti, continuai a chiamare quasi ogni giorno dopo il versamento dell’acconto, per avere certezza che la pratica, bloccata dal 3 di agosto, si fosse sbloccata e ci fosse fornito il contatore necessario per l’intero progetto entro la data richiesta del 5 settembre.
Nonostante gli intoppi la macchina organizzativa andò avanti, nuovi collaboratori diedero la loro immediata disponibilità e riuscimmo a rimettere a posto tutte le mancanze; service trovato, gazebo confermati, punto ristoro rivisto e confermato. Anche gli iscritti, arrivati fino a quel momento, furono sufficienti a coprire le spese… Tutto questo fino al 30 agosto…
Quella sera, su Byoblu, avrebbe dovuto andare in onda il servizio che vedeva Stefano Re, ideatore del progetto, Alessandro Amori (Playmastermovie) e Francesca Ghioldi, presidente del Comitato, fare appello al pubblico affinché si iscrivesse per supportare il Festival. Data ultima decisa, oltre la quale avremmo dovuto annullare tutto, domenica 4 settembre.
Ma quel pomeriggio del 30 di agosto una vocina mi disse che dovevo farmi lo scrupolo di richiamare ENEL per sincerarmi di quello che l’operatore il giorno prima mi aveva promesso, ossia che la pratica si era sbloccata e il contatore sarebbe stato installato in settimana. L’operatrice invece, dopo un’ora di telefonata, mi confermò che no, la pratica era incagliata e il suo collega si era palesemente sbagliato. A quel punto non avremmo avuto il tempo materiale per ottenere l’installazione del contatore, in tempo per l’impianto tecnico.
La cigliegina sulla torta, insomma. Il messaggio era più che chiaro, troppe defezioni, troppi intoppi in corso d’opera (anche un velato ricatto da parte di un tecnico audio, per non farci mancare nulla…). Per l’Universo il Festival non aveva energia e non doveva vedere la luce; a dire il vero, con il suo linguaggio, era già avvenuto e noi, quelli rimasti, avremmo goduto degli effetti, ossia ciò che questa energia aveva prodotto.
Cosa abbiamo imparato?
- A mai dare per scontato che i compagni di viaggio siano così sinceri nelle loro affermazioni perché saranno i fatti a dare dimostrazione della bontà d’animo o del suo inquinamento.
- A restare integri nonostante le destabilizzanti prove emotive; prova ne è stata il fatto di essere riusciti a ridere di noi, nonostante tutto.
- A non crearsi aspettative ma a affinare la capacità di risoluzione di situazioni più o meno difficili.
- A rinsaldare le amicizie che hanno condiviso la navigazione nel mare in burrasca.
- A dichiarare le proprie debolezze e paure con onestà per ottenere il supporto di chi sta sulla stessa barca.
- Ad agire dando il tutto per tutto, coscienti che alla domanda “Hai fatto tutto il possibile per arrivare all’obbiettivo?” la risposta sarà “Sì, anche di più”. E questo all’Universo piace un sacco e lo ammira.
Com’è andata a finire? Beh, un paio di giorni dopo ricevo una telefonata da un personaggio inaspettato che ci fa una proposta molto interessante…